“Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, dimentichiamo tutto questo e crediamo di essere venuti vuoti. È il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino”. Scriveva così lo psicologo junghiano dell’ ”anima” James Hillman ne Il codice dell’anima (1997), ignaro che un brillante scultore varesino, varcata la soglia del millennio, avrebbe fatto suo questo pensiero, si potrebbe dire, in una forma quasi totalizzante.

Per Angelo Zilio è stato così. Lo immaginiamo nelle lunghe ore di apprendimento manuale dell’uso del tornio, trasformate ritmicamente in una sorta di meditazione spirituale, quando per la prima volta vide emergere dalla terra e dall’acqua, sotto le sue mani, una forma che non lo avrebbe più abbandonato: Pegaso, il cavallo alato di stirpe divina che abita nell’Olimpo, discendente diretto dei progenitori di tutto il creato, Caos e Gea, colui che nato da un gesto di Poseidone trasporta le folgori di Zeus ed è capace di for sgorgare fonti prodigiose.
Una delle forme più antiche dell’arte, legata al sacro e al potere secolare nella culla della civiltà dell’Asia Minore, un cavallo alato a cui fu poi dato il nome di Pegaso, attraversa i millenni e giunge fino a noi impresso in alcuni sigilli assiri del XIII secolo aC. . Tremila trecento anni dopo esce dalle mani di Angelo Zilio, incarnato in una serie impressionante di bozzetti, installazioni, opere che accolgono una fortissima identità che prevale su altra pregevole produzione. Cavalli, cavalieri, cavallucci, teste di cavallo, in quadriga, all’abbeveratoio, ma anche bocche, muscoli, zoccoli, ventri – un vero e proprio equus aeternus (dal titolo di un’opera di Zilio) studiato prima in tutti i dettagli anatomici e poi riprodotto salvandone solo l’essenza.

Ma è una idea, quella di Zilio, che deve essere fatta propria, seguendo la lezione dei maestri Zauli e Fontana. E infatti lavora sul concetto del primo modulo, che per Zilio è il vaso al tornio, primo oggetto arcaico tramandatoci in quanto legato ai riti della vita e della morte, o ancora meglio quel nucleo di materia che il primo artista vasaio della storia ebbe l’intuizione di trasformare in altro dalla sua funzione.
Non risulta difficile immaginare che il cavallo divino sia il simbolo stesso dell’ispirazione creativa, del “genio” artistico: vitale, forte, libero da vincoli, come la fonte di Pegaso che sgorga dal terreno e si trasforma rapidamente in torrente. Oppure come una delle performance “spettacolari” di Angelo Zilio, che costruisce forni dove non esistono per arrivare a cuocere sotto i nostri occhi prodigiose imponenti sculture, con il lento maturare di un altissimo fuoco.
Nel 2016 il primo Pegaso di Zilio nasce a Sticciano nella Regione Toscana che ha il cavallo alato come simbolo, ma come a volte succede quando il genio ci si manifesta, lo perdiamo di vista, non lo coltiviamo, lo accantoniamo – ma poi torna, più forte di prima, per possederci totalmente. E infatti dopo una incubazione di tre anni nel 2019 il Pegaso di Angelo Zilio trova residenza in due mostre-evento: al Museo della Ceramica Gianetti di Saronno (VA) e nella cittadella veneta capitale della ceramica Nove vicino a Bassano (VI).
Ma nella visita al laboratorio di Angelo Zilio si ha la netta sensazione che il viaggio di Pegaso non sia affatto finito: altri modi e altri mondi, altre storie lo attendono.
Carla Tocchetti
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Il progetto ARTEinstudio organizza visite guidate allo studio di Angelo Zilio a Varese, la cui fattibilità osserva le cautele imposte dai DPCM in tema di pandemia. Nel sito arteinstudio.com alla voce https://arteinstudio.com/progetto/ è possibile lasciare il proprio indirizzo email per essere avvertiti di questo e altri eventi in programma.