Solitamente quando un’opera d’arte sembra suggerire rimandi alle successioni fibonacciane, è molto difficile stabilire se si tratti di un espediente geometrico utile all’armonia delle forme, oppure sia espresso tentativo dell’Autore di riflettere sulla nascita di tutte le cose, e sui processi di trasformazione della natura e della vita umana. La differenza è sostanziale.

Abbiamo sotto gli occhi numerosi legami dei numeri di Fibonacci con le discipline più diverse, ma sempre legate alla Scienza. In Matematica sono legati in qualche modo alla sezione aurea, alle frazioni continue, alla zeta di Riemann, ai frattali. In Fisica sussiste il legame con la teoria delle stringhe, ma molti altri legami sono evidenti con la Biologia, la Cristallografia, l’Economia, l’Elettrotecnica, l’Informatica … Ma la suggestione più fascinosa dei principi divulgati da Fibonacci è indubbiamente legata al numero zero, il divino numero. Nella Musica la sequenza di Fibonacci ha lasciato un segno importante: nel ventesimo secolo molti musicisti, tra cui Stravinsky, Stochause, Luigi Nono, Bartok, sembrano fare riferimenti diretti nelle loro composizioni allo studioso pisano. Debussy, scrivendo al suo editore Durand nell’agosto 1903, affermò: «Lei vedrà, alla pagina 8 di “Jardins sous la pluie ” che manca una battuta; è del resto una mia dimenticanza, perché non è nel manoscritto. Eppure, è necessaria, per il numero, il divino numero.”

Se vi sono ipotesi che attribuiscono a Fibonacci le geometrie presenti sulla facciata altomedievale della Chiesa di San Nicola (Pisa XIII sec. – luogo e tempo vissuti dal grande matematico), molto meno scontato è l’approccio degli artisti visuali contemporanei, al di là delle installazioni luminose di Mario Merz, tra gli artisti più rilevanti del dopoguerra appartenente alla corrente Arte Povera, che ricordiamo su una delle fiancate della Mole Antonelliana a Torino, oppure quella sulle mura di San Casciano in Val di Pesa, oppure sulla ciminiera dello stabilimento elettrica a Turku, Finlandia.
Per Giorgio Piccaia, ginevrino di origine ma italiano di residenza, un lavoro di mesi intorno al tema di Fibonacci è una dichiarazione esplicita programmatica. Una fascinazione incredibile, abbracciata con intensità soprattutto nel periodo “meditativo” del lockdown.
Dopo una felice anticipazione a Wopart (ultima edizione a Lugano 2019), una mostra a Chiasso lo scorso Febbraio, e una programmazione che lo vedrà a Varese entro l’anno protagonista della prima edizione italiana di “Omaggio a Fibonacci”, Piccaia ha sempre continuato a lavorare, innestando nuovi elementi e nuovi formati sul tema. In particolare, ha approfondito il tema della natura, che appare governata da una sequenza di numeri, introducendo il Myosotis, fiore leggendario che ricorda numerosi miti e leggende. La più famosa, centro-europea, narra che Dio durante la Creazione stava dando il nome alle piante quando una piantina, ancora senza nome, gridò: “Non ti scordar di me, Dio!” e Dio replicò: “Quello sarà il tuo nome!.
Piccaia ha voluto inserire il “nontiscordardimè” perché gli ricorda un tema forte della sua vita, che è sempre stato centrale fin dai tempi dei suoi seminari teatrali con Jerzy Grotowsky. Sono passati quarant’anni ma il focus è sempre quello, la ricerca di sè. Punte d’oro e petali bianchi sono come numeri e segni nella tradizione indoaraba studiata da Fibonacci: possono trasportarci all’infinito, dice l’Artista, verso un futuro che possiamo costruire, ma possono riportarci anche indietro, alle origini dell’Uomo, all’origine di sè stessi.
Carla Tocchetti
Arteinstudio ha in programma la visita allo studio d’artista di Giorgio Piccaia ad Agrate Conturbia in provinia di Novara. Lascia i tuoi riferimenti email per essere avvisato dei tempi e modi della visita.